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Re Barbus – Bio

Re Barbus è lo pseudonimo di Vissia Giustarini, artista visiva nata nel 1971 a Roma, dove vive e lavora.

La sua ricerca predilige l’uso della fotografia e le tecniche del collage e dell’assemblage.

L’ampio ventaglio espressivo del suo lavoro si manifesta attraverso la varietà dei materiali e dei supporti e la scelta di diverse tipologie di carta, oscillando dalla carta velina al ferro sino a includere elementi che spingono la percezione visiva dell’opera oltre la semplice bidimensionalità dell’immagine.

Il suo percorso mette in relazione le diverse formazioni artistiche da lei conseguite: dagli studi artistici accademici, allo studio del fumetto, della fotografia e all’esperienza delle artiterapie.

Si forma nella Capitale frequentando il V Liceo Artistico Statale e successivamente all’Accademia di Belle Arti dove si laurea nel 1998. Qui, alla scuola di Gino Marotta, si formerà il nucleo espressivo germinale che svilupperà in una fase successiva del suo lavoro.

Dal 1993 segue inoltre diversi corsi di specializzazione: una biennale di fumetto presso la Scuola Internazionale di Comics di Roma, un corso di “sviluppo e stampa in B/N” presso l’Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata di Roma e un ciclo di studi sulla “Specializzazione all’uso della multivisione”, presso la E.N.A.I.P. .

Nel 2011 consegue un Master di primo livello in “Teatro, foto, video e mediazione artistica” con Oliviero Rossi, presso la Pontificia Università Antonianum di Roma. A seguito di questa esperienza decide di divenire counselor a indirizzo artistico-espressivo. Inizia quindi un percorso personale di indagine emotiva e di introspezione autobiografica, prima con il collage e poi con la fotografia terapeutica.
Da questo lavoro intimo e privato si sviluppa il desiderio prima e la volontà poi di raccontare per immagini emozioni e vissuti personali, declinando inoltre la dimensione dello storytelling acquisita nella sua formazione alla scuola di fumetto.

Con le prime esposizioni del 2016 si apre quindi per Vissia Giustarini, che decide di firmarsi come Re Barbus, una nuova stagione creativa, in costante evoluzione.

Tra le recenti mostre collettive e personali si segnalano:
Frammenti, Perugia Social Photo Fest, Palazzo Penna, Perugia, 2018 (collettiva);
I Declare my Shadow, Galata – Museo del Mare, 2018 (bi-personale – con Montserrat Diaz);
Intime finestre, Camera 79 Art Gallery, Roma, 2019 (personale);
Needs, Paratissima Art Fair, Bologna, 2020 (collettiva; vincitrice della Art Production);
Piccole storie, Incinque Open art Monti, Roma, 2020 (bi-personale – con Alessandro Arrigo);
Essere (in)divisibile, Piktart studio, Senigallia, 2020 (bi-personale – con Nora Ciottoli);
ceNsura/Ce_sura – video selezionato alla Rome Art Week (RAW) nell’ambito della Open Call “New Media Art and Censorship in the Information Era” del Miami New Media Festival (MNMF), 2020;
C.R.A.C | Crepe, Rotture, Alterazioni e Cicatrici, NICE&FAIR_Contemporary Visions , 2020 (collettiva –
selezionata tra i BEST N.I.C.E. ARTISTS).

Re Barbus – Statement
Nella mia ricerca cerco, adatto e trasformo immagini nate con tutt’altro scopo, cioè quello pubblicitario, e che seguono perciò altre regole.
Il mio lavoro è infatti quello di ritagliare, de-contestualizzare e ricollocare secondo una personale sensibilità figure alle quali chiedo di raccontare altro all’interno del mio teatro emotivo. Figure come attori che interpretano, ma dei cui suggerimenti e delle cui suggestioni rimango in ascolto.
Per questo scegliere il ritaglio giusto a volte può essere un’attesa che dura mesi: ci sono ritagli che si aspettano, altri che si riconoscono subito; ci sono ritagli che si fanno cercare ed altri che mi cercano. È un lavoro di sedimentazione non solo dell’immagine, ma anche dell’emotività che quella forma mi suggerisce. Richiede un tempo più dolce fatto di suddivisioni, classificazioni, di uno scostare scrupoloso, di una rispettosa attenzione dell’incastro, un tempo nel quale osservo le coincidenze, ascolto i dubbi o le certezze.
Rimanere ferma sul messaggio, modificando solo la forma attraverso l’adattamento del materiale, è la cosa che al momento mi intriga di più, e il collage mi permette di sperimentare proprio questo: imparare a dire quello che preme con quello ho a disposizione, mediando tra l’idea che ho in mente e il materiale trovato… un po’ come faccio nella vita.
Con il lavoro di fotografia e assemblage invece il processo creativo tra l’idea e il risultato finale è più diretto, perché in questo caso il perno centrale è l’urgenza del messaggio e la necessità della sua comunicazione.
Nelle immagini che creo il tempo è sempre un tempo sospeso, non c’è mai nulla che accada chiaramente, ma piuttosto si tratta di quel frame tra qualcosa che può essere appena accaduto e qualcosa che potrà accadere. In quella sospensione si inserisce l’immaginazione dell’osservatore che completa la narrazione.
Come fossero delle finestre in cui sia possibile proiettare il proprio vissuto.